Gli invisibili di Oren Moverman

Gli invisibili

Gli invisibili

George è un senzatetto, ma non lo ammette nemmeno con se stesso. La sua esistenza è un’odissea che si consuma nella ricerca di qualcosa da bere e mangiare e di un letto per dormire, in una New York che è il luogo più idoneo a generare e perpetuare l’esistenza di chi si appoggia ad un sistema sociale che assiste ma non aiuta, perché ragiona solo in termini di numeri, scartoffie e gradi di temperatura (sotto una certa soglia, a Manhattan, non si ha diritto a soggiornare in un pronto soccorso, se non si ha di dove andare).
Gli invisibili segue George nella sua perpetua peregrinazione, documentando i suoi incontri con altri disperati come lui, con assistenti sociali ben intenzionati che usano l’ironia e la rassegnazione come lame di coltello, con giovinastri che lanciano oggetti ai barboni e vegani gentili pronti ad offrire un piatto di riso. E con Maggie, la figlia che George ha abbandonato a 12 anni, lasciandola nelle mani della nonna materna mentre lui precipitava giù per la tana del coniglio. La sua favola nera, da quel momento in poi, è quella di Alice nel paese degli orrori, personificazione dell’incubo più condivisibile dei nostri tempi: la perdita di un lavoro, di una casa, e dunque di un’identità.

Giudizio: passabile, drammatico, triste, un po’ lento, deve fare riflettere (dopo questo film la gente dovrebbe vedere con un occhio diverso i barboni che si vedono per strada). Per me è un po’ troppo lungo (2 ore di cui almeno 30 minuti di ripetizioni, ad esempio fanno vedere che Richard Gere va a dormire nei dormitori almeno 20 volte…lo abbiamo capito….).