Monthly Archives: June 2016

Gli invisibili di Oren Moverman

Gli invisibili

Gli invisibili

George è un senzatetto, ma non lo ammette nemmeno con se stesso. La sua esistenza è un’odissea che si consuma nella ricerca di qualcosa da bere e mangiare e di un letto per dormire, in una New York che è il luogo più idoneo a generare e perpetuare l’esistenza di chi si appoggia ad un sistema sociale che assiste ma non aiuta, perché ragiona solo in termini di numeri, scartoffie e gradi di temperatura (sotto una certa soglia, a Manhattan, non si ha diritto a soggiornare in un pronto soccorso, se non si ha di dove andare).
Gli invisibili segue George nella sua perpetua peregrinazione, documentando i suoi incontri con altri disperati come lui, con assistenti sociali ben intenzionati che usano l’ironia e la rassegnazione come lame di coltello, con giovinastri che lanciano oggetti ai barboni e vegani gentili pronti ad offrire un piatto di riso. E con Maggie, la figlia che George ha abbandonato a 12 anni, lasciandola nelle mani della nonna materna mentre lui precipitava giù per la tana del coniglio. La sua favola nera, da quel momento in poi, è quella di Alice nel paese degli orrori, personificazione dell’incubo più condivisibile dei nostri tempi: la perdita di un lavoro, di una casa, e dunque di un’identità.

Giudizio: passabile, drammatico, triste, un po’ lento, deve fare riflettere (dopo questo film la gente dovrebbe vedere con un occhio diverso i barboni che si vedono per strada). Per me è un po’ troppo lungo (2 ore di cui almeno 30 minuti di ripetizioni, ad esempio fanno vedere che Richard Gere va a dormire nei dormitori almeno 20 volte…lo abbiamo capito….).

 

Smartphone: IPhone oppure Android ? Questo è il dilemma…

Con questo articolo cerco di riportare un po’ di domande per decidere se siete più per Apple/IPhone oppure Google/Android.

  1. Siete un po’ snob, fighetti e volete farvi vedere dalla gente/amici ? IPhone.
  2. Siete degli smanettoni patiti di computer ? Android.
  3. Siete un po’ tirchi e volete spendere il meno possibile per le App ? Android.
  4. Siete degli sviluppatori (Java ma non solo) ? Android.
  5. Volete divertivi a sviluppare App per smartphone ma volete spendere pochissimo ? Android.
  6. Utilizzate già tutti prodotti Apple (IPod, iMac, ecc.) ? IPhone.
  7. Utilizzate un sistema operativo Linux ? Android.
  8. Utilizzate un sistema operativo Windows ? Android oppure IPhone.
  9. Volete avere la possibilità di controllo totale dello smartphone ? Android.
  10. Non volete passare tutto il tempo a svuotare memoria, chiudere app, ecc. ? IPhone.
  11. Volete spendere anche poco pur di avere uno smartphone ? Android.
  12. Volete avere uno smartphone semplice da utilizzare che richieda poco sforzo per imparare ad utilizzarlo ? IPhone.
  13. Utilizzate già molti prodotti Google (GMail, Google Drive, ecc.) ? Android.
  14. Volete avere un’ampia scelta di marche e modelli per trovare quello che piace più a voi ? Android.
  15. Volete comprare uno smartphone per poi rivenderlo bene come usato ? IPhone.
  16. Volete giocare (possibilmente gratis) con lo Smartphone ? Android.
  17. Vi volete divertire ad installare tutte le app che trovate ? Android.
  18. Volete avere uno smartphone che vi permetta di installare qualsiasi cosa anche non dai Market Place ufficiali (Google Play Store, Apple Store, ecc.) ? Android.
  19. Volete avere il Sistema Operativo più sicuro ? Android.
  20. Odiate la cattiva gestione di Windows della memoria, cpu, disco, ecc. ? IPhone.
  21. Volete evitare di prendervi virus, malware sullo smartphone ? IPhone.
  22. Volete utilizzare lo smartphone anche come navigatore ma volete avere le mappe gratis ? Android.

Consiglio finale 1: IPhone

Non prendete un IPhone per poi fare il Jailbreak..

Consiglio finale 2: Android

Se volete prendere uno smartphone Android fate molto attenzione alle caratteristiche tecniche. Ci sono troppe marche e troppi modelli che vanno da 50 Euro a 1000 euro e non sempre il prezzo è giustificato (vedi Samsung, ad esempio…).

 

L’uomo che vide l’infinito di Matt Brown

L'uomo che vide l'infinito

L’uomo che vide l’infinito

India Coloniale, 1912, il giovane matematico autodidatta Ramanujan (Dev Patel) decide di inviare a un illustre professore inglese, G.H. Hardy, le sue recenti scoperte. Fermo e ostinato nel suo lavoro, dopo l’invito di Hardy (un Jeremy Irons che riconferma il suo perenne stato di grazia) al rinomato Trinity College di Cambridge, Ramanujan parte per l’Inghilterra contro il volere della madre, lasciando la sua terra e il suo amore, la moglie Janaki.
L’uomo che vide l’infinito non è soltanto la storia di una mente geniale che supera le barriere della rigidità accademica, la sua fu una piccola e incisiva rivoluzione. Privo di metodo, il suo approccio alla matematica si distingueva dai canoni dell’ambiente del Trinity College e veniva considerato poco convenzionale. Ramanujan è istintivo, puro, privo di sovrastrutture accademiche, il suo criterio di indagine sembra avere più a che fare con il trascendente e con la spiritualità tipica del suo paese di origine, che con l’austerità del college inglese. Grazie alla guida del mentore e amico Hardy, un personaggio eccentrico e fuori dagli schemi, da un lato impara una certa metodologia che gli servirà per portare avanti il suo lavoro – le più volte citate “dimostrazioni”- dall’altro verrà accettato da un ambiente inizialmente molto ostile.

Giudizio: Bello e da vedere se e solo se siete appassionati di matematica.

Cominciate con il leggere la formula di Hardy e Ramanujan per la partizione di un intero.

Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese

Perfetti sconosciuti

Perfetti sconosciuti

Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell’altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l’utilizzo “ludico” dei nuovi “facilitatori di comunicazione” – chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social – a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c’è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.

Giudizio: molto bello, assolutamente da vedere.

Personaggi:
Peppe (Giuseppe Battiston): E’ l’ex insegnante che ha perso il lavoro, è gay con la fidanzata Lucilla (o Lucio…)
Carlotta (Anna Foglietta): E’ la psicologa sposata con Rocco ed ha come amante Cosimo…
Rocco (Marco Giallini): E’ un chirurgo plastico. E’ il personaggio che mi è piaciuto di più in assoluto.
Cosimo (Edoardo Leo): E’ sposata con Bianca, ha un po’ di amanti prima aveva un negozio di sigarette elettroniche e poi è passato a fare il tassista
Bianca (Alba Rohrwacher): E’ sposata con Cosuimo, è troppo tonta…
Lele (Valerio Mastandrea): E’ sposato con Eva ed anche lui ha un amante. E’ il personaggio che mi è piaciuto di più in assoluto.
Eva (Kasia Smutniak): E’ sposata con Lele. Ha un “amico” su Facebook…

Alcune frasi del film:
Rocco: “Steve Jobs? Ma non era morto?”
Lele: “E sì, perché se pure era vivo chiamava mi’ moie!”

Messaggio sul cellulare di Eva: “Vorrei scoparti..”
Peppe: “Tante volte può essere il T9 eh!”

Rocco: “Però una cosa importante l’ho imparata.”
Carlotta – “Cosa ?”
Rocco – “Saper disinnescare.”
Carlotta – “Cioè ?”
Rocco – “Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia. Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio. Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi, riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti. Io non voglio che finiamo come Barbie e Ken: tu tutta rifatta e io senza palle.”

Lele: “Sono gay da 2 ore e non ne posso già più…”

Gli ultimi giorni di Mata Hari di Giuseppe Scaraffia

Gli ultimi giorni di Mata Hari

Gli ultimi giorni di Mata Hari

Parigi, nel 1917, è immersa nel buio del coprifuoco. L’esercito tedesco incombe sulla città. Qua e là le truppe francesi si ammutinano, mentre la produzione è messa in pericolo dagli scioperi. Non si sa a chi dare la colpa di questo disastro, che rischia di travolgere la capitale del XIX secolo. Sui giornali i caricaturisti ritraggono le figure più odiate: i ricchi, privilegiati e imboscati, i profittatori di guerra, le spie. Margaretha Geertruida Zelle, meglio nota come Mata Hari, si candida così al ruolo di capro espiatorio perfetto. Ricca non lo è, forse, ma ha calcato i palchi di molti teatri, e i parquet di molti salotti; ha avuto amici e amanti importanti, è conosciuta da tutti e tutti conosce nel mondo dorato della Belle Époque, che dal fronte si tiene certo ben lontano. Dall’inizio della guerra ha incontrato e amato anche tenenti, colonnelli e capitani, cui, a quanto si dice, ha carpito informazioni da vendere al miglior offerente. Così, nonostante le prove inconsistenti, Mata Hari viene arrestata, processata e condannata a morte. Nei giorni che precedono il 15 ottobre, data fissata per l’esecuzione, quel mondo di scrittori, intellettuali, dandy, diplomatici e ufficiali rimane col fiato sospeso. Non possono fucilare Mata Hari, pensano tutti: non oseranno. Giuseppe Scaraffia ricostruisce quegli ultimi giorni a partire da testimonianze e documenti, pagine di diario e stralci di opere letterarie. Dov’erano in quei giorni Gabriele d’Annunzio ed Ernest Hemingway, Lawrence d’Arabia e Claude Debussy? Che cosa pensavano e scrivevano Colette, Filippo Tommaso Marinetti, Virginia Woolf, Arthur Conan Doyle o Marcel Proust? In questo caleidoscopio di storie e personaggi al centro resta comunque lei, Mata Hari: nel suo desiderio di farsi opera d’arte vivente, riesce infine a liberarsi dello stigma del capro espiatorio, tramutando la sua esecuzione in un ultimo spettacolo quasi perfetto.

Giudizio: scadente, pessimo, da evitare, lo scrittore dedica il 99% del libro a raccontare fatti di personaggi famosi vissuti nel periodo in cui è stata giustiziata Mata Hari. Non c’entra assolutamente nulla.

Il magico potere del riordino di Marie Kondo

Il magico potere del riordino.

Il magico potere del riordino.

«In Giappone è riconosciuta come la regina dell’ordine, un baluardo nella guerra contro il caos. Con la sua filosofia del riordino Marie Kondo ci ha rivelato un nuovo modo di essere.» The Times

Alleggerire la vita si può: provare per credere. – Vanity Fair

Metti ordine nei tuoi spazi e sarai felice: parola di Marie Kondo. Chi non è sopraffatto dall’incontrollabile accumularsi di oggetti inutili, che sommergono case e uffici sempre più piccoli? Chi riesce a trovare al primo colpo quello che sta disperatamente cercando? Dal Giappone, ecco il metodo Konmari, che promette di risolvere una volta per tutte l’annoso problema dell’organizzazione degli spazi domestici. Ma non solo. “Elimina per fare posto”, “Riordina per categorie” e “A ognuno il suo spazio” sono indicazioni che, secondo la filosofia zen, permettono il raggiungimento dello status più prezioso: la serenità.

Giudizio: bello, da leggere, si legge bene e velocemente, dà un po’ di idee su come gestire le cose nella propria casa e ridargli il giusto valore alle cose.  Sicuramente va contro al consumismo e allo spreco.